Una popolazione evolutiva consiste nel miscuglio di varietà diverse della stessa specie ottenute incrociando varietà di partenza con caratteristiche specifiche, coltivate tutte insieme in un unico terreno. La coltivazione di popolazioni evolutive rappresenta un metodo efficace per contrastare insetti e malattie, e al contempo per combattere il cambiamento climatico, a causa della loro capacità di adattarsi e di evolversi nel tempo.
Auto riseminando il proprio seme, le popolazioni evolutive assicurano ai contadini di avere di anno in anno la semente più adatta al territorio, liberi da royalties e da restrizioni imposte dalle casa sementiere. Inoltre questo metodo non ha alcun bisogno di ricorrere a fitosanitari e concimi in quanto queste varietà si auto selezionano per produrre con quello che c’è.
L’operazione di semina prevede un grosso investimento per i contadini, perché preparare il terreno costa molto lavoro e si investono quantità importanti di seme. Con la crescente imprevedibilità dovuta al cambiamento climatico, investire su un’unica mono varietà potrebbe essere molto rischioso in quanto questa potrebbe avere maggiori caratteristiche di resistenza per alcune problematiche, ma meno resistenza per altre. Coltivando le popolazioni evolutive, grazie ad un esplosione di biodiversità le variabili sono talmente numerose che i contadini hanno la garanzia di ottenere almeno un piccolo raccolto, e anche nella peggiore delle ipotesi non perderanno l’investimento fatto.
La storia delle popolazioni evolutive
Una popolazione evolutiva è un insieme di varietà diverse della stessa specie, incrociate tra di loro per più generazioni. Si tratta di un miscuglio di tante varietà che differiscono in modo molto evidente, anche a livello visivo. Sono inoltre uno strumento agronomico utile a contrastare il cambiamento climatico. Questo si sta dimostrando essere un sistema efficace, poco costoso e rapido rispetto al lavoro fatto in campi sperimentali dei centri di ricerca.
Le popolazioni evolutive sono state costituite da salvatore Ceccarelli e Stefania Grando presso il centro di Ricerca Icarda in Siria. Le varietà di partenza sono state selezionate per la loro particolare attitudine ad essere coltivate in zone aride e semi aride del mondo. Appena costituite le popolazioni sono state diffuse in diversi paesi europei. In Italia hanno avuto più successo perché si è creato subito un gruppo di lavoro seguito da RSR con la supervisione di Ceccarelli e un grosso lavoro è stato fatto dagli agricoltori che si sono occupati della riproduzione di questo materiale, partendo da pochi kg. In Molise e Basilicata la popolazione di duro ha avuto molto successo. In Sicilia meno, probabilmente poiché si è trovata in competizione con le varietà locali già molto affermate.
Per anni le popolazioni sono state riprodotte senza alcun intervento, fino ad accorgersi che negli anni la contaminazione da parte di orzo e grano tenero era sfuggita di mano. Si è dovuto anzitutto acquisire le competenze per saper riconoscere le spighe delle diverse specie ed imparare a fare selezione in campo. Il compito dei contadini è stato quello di riprodurre il materiale genetico incrociato al centro di ricerca Icarda e di conservarlo in purezza.
Ogni anno i contadini entrano nella fase destinata alla produzione di seme per la prossima stagione. L’obiettivo non è quello di selezionare le spighe più belle, bensì ****la selezione in campo serve a separare la popolazione da altre specie non affini. Ma la popolazione mantiene il più possibile la sua biodiversità. È come avere in campo un immenso catalogo con una svariata opportunità di adattamento grazie a cui la popolazione si evolve in modo naturale. Abbiamo diverse testimonianze di come in aziende agricole diverse lo stesso seme di partenza riprodotto per qualche anno aveva assunto sembianze completamente diverse. L’evoluzione è il punto chiave della faccenda.
Le popolazioni vengono costituite da persone con competenze specifiche. La differenza rispetto ad un miscuglio è che i breders fanno incroci manuali con la pinzetta tra le spighe per produrre più variabilità genetica.
È importante ricordare che le popolazioni evolutive si adattano al territorio, perciò rispetto alla popolazione originale sicuramente sarà cambiato qualcosa, magari qualche varietà potrebbe essere ridotta parecchio di percentuale. Quando scambiamo le popolazioni evolutive il contadino che le riceve farebbe bene a partire dal miscuglio di più popolazioni evolute in zone diverse in modo tale da garantire una buona variabilità genetica di partenza che possa adattarsi ad un nuovo territorio.
L’idea auspicabile sarebbe di creare un sistema orizzontale che possa dare la possibilità di accedere alle popolazioni evolutive in maniera affidabile ma gratuita anche a piccole realtà, che con la crisi in corso nascono continuamente da giovani che tornano alla terra. Questo oggi avviene in maniera informale con piccoli scambi o donazioni gratuite ma sempre di quantità ridottissime.